Recupero di una meravigliosa razza avicola
“Sin da quando ero bambino ho allevato avicoli con passione ed interesse. Il mio
“imprinting” infatti è avvenuto in tenerissima età nel pollaio di mia nonna, un misto tra
colombi, anatre e galline di ogni grandezza e colorazione, di quelli che non se ne vedono
più. Ricordo ancora con molto affetto il pollaio coperto, ricavato in una stanzetta in un angolo
del cortile dei nonni. Oltre la sua porta, a terra in un angolo all’interno di una cassetta
ricolma di paglia, vi era spesso una gallinella intenta a covare poche e grosse uova di
galline utilitarie o di anatre.
I miei “videogames” erano proprio questi piccoli volatili domestici che rallegravano i miei
pomeriggi dopo scuola stimolando la mia osservazione, lo studio e l’approccio
all’allevamento e alla vita degli animali.
Un piccolo laboratorio di vita. Per i miei dodici anni mio nonno costruì il mio primo pollaio
tutto da gestire, lo riempii di colombi ornamentali da alto volo e qualche gallinella. Quel
pollaio mi accompagnò negli anni che seguirono: me ne separai solo nel periodo dedicato
agli studi universitari..
La mia assenza da casa, come mi soleva far notare mia nonna, si percepiva soprattutto
dal fatto che non si vedevano volare in stormo i colombi attorno all’abitazione e non si
avvertiva più quel singolare sibilo prodotto dalle ali delle decine di uccelli in volo.
La mia vita da allevatore fu caratterizzata inoltre dalla grande passione per i cavalli Arabi.
Decisi di affiancare questi splendidi animali con un bel pollaio, iniziando da subito a
pianificare l’impianto e la scelta dei polli; fino ad arrivare ad oggi, momento in cui abbiamo riscoperto una razza importantissima, la mugellese.
“Mugellese Mugginese che ci sia ciascun lo dice… ove sia nessun lo sa…”
Finalmente dopo alcuni anni dedicati alla selezione, tanti sacrifici ed altrettante
soddisfazioni siamo riusciti a ripresentare nel panorama avicolo una gallinella speciale,
ritenuta estinta verso la metà del ‘900. Parliamo proprio di lei, la gallina MUGELLESE!
Una autentica razza nana italiana con l’attitudine alla cova e buona ovaiola; tanto amata
nella Regione Toscana da essere considerata ancora oggi, in queste bellissime terre, un
riferimento per definire una qualsiasi gallinella di piccola taglia.
Sono stati anni di concitazione, di supporto da parte di molti amici e di lavoro.
Visto la rarità della razza, purtroppo, ho potuto attingere ad un bacino assai arido.
La ricerca spasmodica di soggetti sul territorio, la collaborazione con l’Università di Agraria
di Firenze e i molteplici viaggi sono solo parte di quella valanga di idee e sogni che si sono materializzati, dopo tante notti passate a riflettere e tanti piccoli fallimenti che mi hanno spronato a non arrendermi.
A chi mi chiede come preparare una razza per il riconoscimento e quali siano i passi da
seguire, mi sento di consigliare, prima di tutto, di intraprendere una esperienza del genere
animati da una grande passione coadiuvata da competenze che si acquisiranno con il
tempo e con lo studio. In secondo luogo ci sono tanti piccoli accorgimenti che sicuramente
aiutano nella scelta dei soggetti da esporre, molti dei quali mi sono stati trasmessi da
esponenti autorevoli del settore avicolo, altri sono frutto della mia esperienza e del mio
“occhio”.
Ritengo che l’uniformità ed una certa “sensibilità personale” siano essenziali per la scelta
dei soggetti, tutto il resto verrà analizzato minuziosamente di seguito, parte per parte.
Mancando l’uniformità anche un piccolo difetto può diventare un ostacolo vincolante.
Per chiarezza, mi riferisco a qualche imperfezione della cresta oppure del piumaggio, dei
tarsi ed altro che, in assenza del carattere principale, “IL TIPO”, diventano essi stessi
protagonisti.
Consiglio una selezione molto restrittiva e l’impiego di animali particolarmente uniformi, il
più possibile privi di difetti secondo lo standard. Non andrebbe esposta una gallina con
una tonalità diversa dalle altre presentate, oppure femmine con mantellina con evidenti
fiammelle (nel caso della colorazione dorata frumento, ad esempio) né altri elementi non
previsti.
Questi caratteri diventano discriminanti anche se di base i soggetti sono “buoni”. Per
assurdo, gli animali dovrebbero essere delle “carte intercambiabili”. A tal proposito ricordo
quante volte ho messo animali simili in gabbie contigue simulando un giudizio in mostra,
iniziando ad osservarli in lontananza per attingere a quella sensibilità personale, quel
“colpo d’occhio” e poi in seconda battuta analizzarli da vicino in modo da individuare
eventuali difetti “da squalifica”, comunque tali da poter indebolire il giudizio finale.
Attenzione! In una prima fase di giudizio il CTS si basa sull’omogeneità del gruppo (che in
ogni caso non deve presentare difetti da squalifica) mentre nella fase successiva del
riconoscimento della razza, l’animale viene valutato singolarmente attraverso una scheda
di giudizio su cui si annoteranno dei punteggi che daranno molto peso alle sue
caratteristiche, difetti e pregi, al di fuori del gruppo inteso nel suo insieme, sebbene si
presupponga che quest’ultimo, al secondo anno di presentazione, abbia dei caratteri di
uniformità ben marcati.
Alcuni mi chiedono cosa sia importante realmente per me come allevatore e selezionatore
di questa razza. A prescindere dallo standard che dovrebbe essere lo “specchio”
dell’animale, credo che non vadano perse mai di vista le peculiarità di una Mugellese, fatto
che non si evidenzia con una mera lettura dei parametri dello standard. Con questo
intendo che un occhio profano, che non ha avuto la possibilità di osservare un gruppo di
Mugellesi nei vari stadi della crescita, non potrà cogliere le sfumature distintive di questa
razza. Mi riferisco ad alcuni elementi come ad esempio quel senso di leggera
sproporzione che l’animale mostra, i tarsi non troppo lunghi, le forme tozze, il camaglio di
piume della mantellina che vanno a formare spesso un leggero rigonfiamento nella zona
posteriore alta del collo. Queste caratteristiche, come la testa che si presenta grande rispetto molte altre razze nane ed altre caratteristiche, ne fanno, secondo me, un animal difficilmente confondibile. Anche la colorazione, seppur “standardizzata”, mantiene quelle sfumature di colore razza-specifiche che non andrebbero perse, così come la presenza di una percentuale di traccia bianca nell’orecchione mi riporta all’origine del mio viaggio ed anche al fatto che, pur essendo una razza nana con un passato molto variegato, continua a trattenere in sé il segno arcaico e genetico della presenza delle razze mediterranee,
aspetto che gradisco sempre ritrovare e che preferisco tollerare nel soggetto femmina.
Prima di salutarvi tengo a sottolineare la frase che apre questo articolo, la memorizzai
anni fa leggendo vari interventi su un forum del settore avicolo in cui si disquisiva in merito
alla “fantomatica” Mugellese. Mi colpi in particolar modo e mi fu da input per accettare una fantastica sfida e per smentirla!